giovedì 29 ottobre 2009

Parole celebri dalle mie parti (n.73)


"La cosa a cui meno aspiro in assoluto è diventare Primo Ministro del Giappone. Si tratta di un lavoro deprimente, perché non è possibile dire la verità alle persone che non la vogliono sentire."

(Hayao Miyazaki)

martedì 27 ottobre 2009

Sic transit gloria strunzi

"Spicca l'insuccesso di Sergio Cofferati. L'ex sindaco di Bologna e segretario della Cgil, oggi eurodeputato, era in corsa in Liguria per Franceschini, ma si è fermato al 34,6 per cento, sconfitto dal bersaniano Lorenzo Basso (al 51)" (la Repubblica, martedì 27 ottobre 2009, pagina 2).
Ora, francamente ignoro chi sia 'sto Lorenzo Basso: mai coverto, si direbbe in Veneto.
Ma potrebbe pure essere la reincarnazione di Landru, di Gilles De Rais o di Ed Gein e per me non cambierebbe niente, ma proprio niente: perché, ladisengentelmen, io amo Lorenzo Basso!!!
Lo amo dal più profondo del cuore.
Lo amo proprio perché ignoro chi egli sia.

Sergio Cofferati, invece, lo conosco bene...


P.S.

Eh eh eh eh eh ehe eehhehhhehe ah ah ah ah ah ah ah!!! Buuaah ah ah ah ah ah!!! Ah ah ah!!! Ah ah ah ah ah!!! Buaaaaaaaaah ah ah ah ah ah ah ah ah ah aha!!!! Aaaaah ah ah ah ah ah ah ah!!! Ih ih ih ih ih ih ih ih!!! Ih ih ih ih ih!!! Oi oi oi!!! Madonnaaaah ah ah ah ah ah ah ah !!! Ah ah ah ah ah ah ah ah!!! Ah ah ah! Buaaaaah ah ah ah ah ah ah ah ah ah!!! Uhi uhi uhi!!! Ah ah ah ah ah aha aha ooooia oooiah ah ah ah ah ah ah!!! Il papà del piccolo Edoardoooh oho oho oh oh oho oho oho!!! Ohia ahia ahia ah ah ah ah ahahhaahahahahhha!!! Mamma mia, muoio... Muoio... Mollo la carica di sindaco ih ih ih ih ih ih ih!!! Mollo di fare il sindaco per stare con mio figlioooooooh oh oh oh oh oh!!! Oi oi oi oih ih ih ih ih ih ih ih ih !!! Ahia la pancia mia, ahia il mio povero pancino ahi aha ah aha ha ah ahhhhh!!! Basta, basta!!! Aiuto!!! Aiuto!!! Buaaaaah ah ah ah ah ah ah ah ah ah!!!!

sabato 24 ottobre 2009

Satori

"Basta alla puzza sotto al naso della sinistra", dice Pierluigi Bersani: "ci deve piacere la gente che guarda Rete4".

Come? Mi deve piacere uno perché guarda la tivvù? E perché? Che cos'ha di straordinario, uno che guarda la tivvù? Che ci vuole? La accendi e ti metti seduto a guardarla...
Dovrei forse ammirare l'ordinarietà del gesto? Sì? È questo il punto?
È tipo un koan zen (un monaco disse a Joshu: "Sono nuovo del monastero. Ti prego di insegnarmi". Joshu domandò: "Hai mangiato la tua zuppa di riso?". Il monaco rispose: "L'ho mangiata ". Joshu disse: "Allora faresti bene a lavare la tua ciotola". In quel momento il monaco fu illuminato), è così?
E dimmi, Pierluigi: non vogliamo entrare un po' nel merito? Vabbé, uno guarda Rete4: ma cosa guarda? Non è rilevante, questo?
Sbaglio a far troppe domande?

venerdì 23 ottobre 2009

Al calduccio sotto le mie copertine (n.13)

Violent Femmes, Violent Femmes, 1983

I hope you know that this will go down on your permanent record.

mercoledì 21 ottobre 2009

Cupi presagi e politici lungimiranti

«È sconveniente dire in pubblico che la sera della sentenza della Corte Costituzionale non pochi italiani di una certa età, un po' per scherzo un po' per scaramanzia, si sono detti che era una di quelle antiche notti in cui andare a dormire fuori di casa? Pazzia, dite? Può darsi: per ora l'Italia è un posto in cui il capo del governo attacca la Corte suprema e il presidente della Repubblica che non l'ha messa in riga, in cui ministri denunciano un golpe di sinistra in corso e altri ministri annunciano l'ira vendicatrice della piazza, e simili escandescenze centroamericane passano come eccessi verbali, intemperanze gravi ma non serie, al solito. Salvo che si decida di prendere sul serio le cose gravi».

Così Adriano Sofri, oggi, su la Repubblica.
Mi ha molto colpito, sapete? Forse perché conosco diverse persone - italiani di una certa età - che, nei primi anni Settanta, dormirono sul serio fuori di casa, qualche notte: in alcuni momenti diciamo particolari, capitava che qualcuno, da Botteghe Oscure, chiedesse loro di farlo...
Sembra molto preoccupato, Sofri.
«Nemmeno un paesaggio jugoslavo è escluso da questa mappa che scherza con le ronde e il federalismo ad usum delphini. Da tempo, la domanda vera non è quella, esorcistica, “Dove andremo a finire?”, ma l'altra: “Dove siamo andati a finire?”».
Nel mio piccolo (nel mio infimo) me lo sono chiesto anch'io, qualche giorno fa: controllate un po' (Sansone e i filistei).
Probabilmente è una domanda del cacchio, mi spiace per Sofri (molto meno per me).

Sicuramente la domanda giusta è quella che si sta facendo, in questi giorni, Francesco Rutelli: “Come facciamo a recuperare il centro, noi del Piddì?”.
Sì, sì: il centro, il centro: che non sono i centristi di Casini, che vi credete, “ma il cuore della società italiana. Il più grande errore del centrosinistra è pensare che chi vota Berlusconi è il nostro nemico, il Pd deve recuperare il cuore del centro politico”.
Forte, no?
Ora, a parte che nel cuore della società italiana c'è, per dire, pure un sacco di evasione fiscale e contributiva e di illegalità diffusa - ed è esattamente per questo motivo che quel cuore così generoso, così puro, batte da un quindicennio (anzi, anzi: da mooolto tempo prima...) per il Silvio nazionale e per nessun altro - e poi, volendo, pure un bel po' di razzismo, e grettezza, e qualunquismo, e bestiale ignoranza; a parte tutto questo, cosa dovrei pensare dell'uomo politico Francesco Rutelli?
Che è decisamente troppo avanti perché io possa sperare di arrivare, un giorno, a capirlo? Ecco, ecco, la penso così...

lunedì 19 ottobre 2009

Giù la testa (di Sergio Leone)

Giù la testa, coglione...

domenica 18 ottobre 2009

Sansone e i filistei


Su La Stampa di ieri il professor Angelo D'Orsi, nella sua recensione ad Autobiografia di una repubblica, di Guido Crainz, ha scritto di un Paese spaccato a metà e di “una situazione che oggi appare bloccata in uno scontro che difficilmente potrà continuare nei termini attuali senza portare alla catastrofe l'intera società. Una classica situazione di «crisi» nel senso di Gramsci: quando due forze si contrappongono senza che nessuna delle due abbia la possibilità di prevalere nettamente sull'altra. Ed è da questo tipo di contingenze storiche che possono nascere le rivoluzioni e le controrivoluzioni”.
E a questo punto mi chiedo: quali sono, per D'Orsi, oggi come oggi, le due forze in campo nel nostro povero Paese?
Berlusconi e gli affaracci suoi contro... chi? L'ingegner De Benedetti e i suoi giornali?
Se così fosse, beh, sono effettivamente due le forze in campo attualmente.
Se D'Orsi pensa, invece, all'opposizione parlamentare al papi della Patria, sarebbe il caso, io credo, di stendere un velo pietoso e di passare oltre.
E può dire quello che vuole, l'ottimo professor D'Orsi, ma io, nel mio piccolo, mi sentirei decisamente di escludere che da “questo tipo di contingenze storiche” possa nascere, qui e ora, nientemeno che una rivoluzione: come diceva quella canaglia di Mario Missiroli, “in Italia non si può fare la rivoluzione, perché ci conosciamo un po' tutti”.
Il che dovrebbe escludere, automaticamente, pure la controrivoluzione: giusto?
Detto ciò, com'è che sempre più spesso, negli ultimi tempi, sento evocare - e non in bar, ma in certi editoriali di giornale, in certi blog - la guerra civile tra gli italiani (contrariamente alle rivoluzioni, di guerre civili noi italiani siamo dei grandissimi esperti)?
Com'è che così tante persone – anche nei fogliacci della Destra: e questa cosa io la trovo molto significativa – hanno rievocato, in questi giorni, la scena finale de Il Caimano di Nanni Moretti?
Ve la ricordate?
Dov'è che siamo andati a cacciarci, mes amis?

venerdì 16 ottobre 2009

Parole celebri dalle mie parti (n.72)


"È una sfortuna avere una capitale dove il caldo umido ebbe sempre un ruolo nel renderla viziosa, o nell'esprimerne la viziosità."

(Guido Ceronetti)

mercoledì 14 ottobre 2009

Renato Vallanzasca


Ma ti rendi conto? Bruciano i barboni per noia. Mandano a battere le bambine o le schiave. Per il grano o per un tiro di quella merda che manda in pappa il cervello, sono disposti a tutto. La malavita non esiste più. Oggi esiste la mala-vita. Niente regole, niente onore, niente amicizia, niente rispetto. La violenza è dappertutto ed è insensata. E ti assicuro che ce ne vuole a dirtelo, perché io pure ho ucciso. Ma io saltavo i banconi e lo mettevo nel conto. Se andava male, sapevo che sarebbe toccata a me, o alle guardie che mi inseguivano sparando. (...) Come diceva Bertolt Brecht? È un crimine più grande fondare una banca o rapinarla? Bene, io a quella domanda come tutti sanno ho dato una risposta. Ma guardandomi intorno oggi, sai cosa mi colpisce? Che quarant'anni fa, Milano era più cupa, più sporca. Ma ad avere paura era solo chi aveva il grano. Le porte delle case restavano aperte. Gli operai che tiravano la lima alla Marelli lasciavano i ragazzini alla vicina o in cortile. Oggi chi ha il grano paura non ne ha più. La paura è dei disgraziati. Paura di essere scippati, violentati, accoltellati. E sai cosa trovo ancora più incredibile? Che a dire «al lupo, al lupo», però, sono rimasti sempre quelli che hanno il grano. Oggi uno che fa una rapina prende quindici anni. Chi manda sul lastrico qualche decina di migliaia di famiglie succhiandosi i loro risparmi, va bene se fa un mese ai domiciliari. Il senso della comunità è andato a farsi fottere. E se non c'è comunità, non c'è mito. Guardia o ladro che tu sia.


Così Vallanzasca a Carlo Bonini.
E adesso ditemi: fa più schifo lui o Calisto Tanzi?

martedì 13 ottobre 2009

Fuori due

Pure quest'anno mi è sfuggito l'anniversario del mio povero blogghe (il primo post lo pubblicai il 3 ottobre del 2007).
È un buon segno, in fondo. Significa che l'arte di prendermi troppo sul serio non l'ho ancora imparata, nonostante tutto (nonostante il blogghe).
Detto ciò, dopo due anni siamo ancora qui, gente mia bella gente: io e quel bel tomo del mio nume tutelare.

Me l'avessero detto, il 3 ottobre del 2007...

lunedì 12 ottobre 2009

Di autobiografie e guru

Di questo libro molti di voi immagino abbiano già sentito parlare. Dopo essermelo letto mi sento di consigliarne la lettura. Autobiografia di una repubblica. Le radici dell'Italia attuale è uno di quei testi che aiutano a mettere in fila le cose belle e quelle brutte della nostra storia di italiani e a comprenderne il senso: noi eravamo quello, poi è successo questo e siamo diventati 'sta roba qua sotto.

“Dove affonda le sue radici l'Italia di oggi? Viviamo ancora in una fase di transizione, dopo il tracollo istituzionale e politico dei primi anni novanta, o si è delineato sotto i nostri occhi un approdo non effimero della vicenda repubblicana? Dove cercare le ragioni e le cause di esso: in un eterno «carattere nazionale» o nel confliggere - nel corso dell'Italia repubblicana e con una forte eredità nel fascismo – di modi diversi di «essere italiani»?”
Ovvero, sopravviverà il berlusconismo al suo papi fondatore?
Secondo Crainz, sì: e sarà molto duro liberarsene.
Così vi ho raccontato la fine del libro. Ma voi siate saggi: leggetelo ugualmente.

Se avete già avuto modo di apprezzare, in passato, qualche testo di Crainz, questo suo ultimo lavoro non vi deluderà. Si tratta di uno storico che sa leggere l'Italia contemporanea anche attraverso la lente della letteratura e delle canzoni, riuscendo quasi sempre a colpire e ad affascinare per l'intelligenza dello sguardo: in questo senso mi ricorda molto Silvio Lanaro (molto citato in Autobiografia di una repubblica, e non sarà mica un caso, nevvero?).
Non è, il nostro, un tifoso dell'ideologia dell'eterno «carattere nazionale» come ipotesi da cui partire per spiegare il disastro odierno, e lo dice da subito: si mostra perfettamente consapevole della difficoltà di sottrarsi al fascino del testo più citato nelle interpretazioni di lungo periodo della nostra storia nazionale - e cioè il Discorso sopra lo stato presente del costume degl'italiani, di Giacomo Leopardi - “senza considerare, naturalmente, le evocazioni della nostra congenita propensione al «particulare» o le multiformi argomentazioni di una antica e consolidata pubblicistica portata a insistere sui nostri tratti eterni”; è perfettamente consapevole della difficoltà di sottrarsi al fascino di certe sirene ( e che sirene!), dicevo, ma ci riesce secondo me in modo egregio e lo fa cercando semplicemente di restare ai nudi fatti.
Senza alcuna ipoteca ideologica di partenza, prova quindi a collegarli, 'sti fatti, e lascia che siano loro a parlarci: dal crollo del Fascismo alla nascita della Repubblica e alla ricostruzione del secondo dopoguerra; dal boom economico agli anni di piombo passando per il fatidico Sessantotto; dagli stupidissimi e davvero esiziali anni Ottanta del Craxismo trionfante su su fino a Tangentopoli e all'avvento di Berlusconi, Guido Crainz delinea la storia di una progressiva devastazione antropologica, di una bancarotta morale, di un disastro culturale, povera la Repubblica italiana, poveri noi.
La pagina più agghiacciante per il vostro affezionatissimo?
No contest: a un certo punto Crainz ricorda un'omelia di Eugenio Scalfari (in la Repubblica, 15 dicembre 1987). Sentite un po'.
L'uomo di successo che si è fatto da solo; il «clan» che ha creato sin dagli inizi e che per lui è una specie di famiglia allargata e rassicurante; il carisma animalesco e ben tangibile (...); la sua ostentata ignoranza (...) per tutto ciò che è complicato e che va al di là dei sentimenti elementari, delle intuizioni primarie, del diritto di natura (...); a dirla in breve, si tratta di una mistura sapiente tra la forza della televisione e la democrazia plebiscitaria, che capita in una fase di smarrimento massimo della società e di assenza pressoché completa di ogni principio e autorità.
Scalfari stava parlando di 'sta roba qua sotto: voi che vi credevate?

Celentano farà scuola. Ha messo in moto un meccanismo, ha reso visibile il fascino ipnotico della televisione, ha dimostrato che una massa cospicua di italiani è inerme, disponibile alla suggestione di un guru attrezzato per la bisogna, stufa e arcistufa dei farisei di sempre e dei sepolcri imbiancati. Qualcuno prima o poi perfezionerà l'esperienza, la volgerà a un fine mirato e politico.

Non male il barbone, eh? L'argomento dell'editoriale in questione - Il nostro Guru del sabato sera - era Fantastico, spettacolo prodotto dalla Televisione di stato.
Bene: ora collegate un po' i fatti...

venerdì 9 ottobre 2009

Meno male che la Costituzione c'è!

Allora, c'è il deputato Antonio Gaglione, eletto in Parlamento nelle liste del famoso Partito Democratico, che diserta regolarmente le sedute della Camera. Di professione fa il medico e pare sia un medico di successo: sostiene che, siccome ha capito da quel dì che a Montecitorio non c'è mai niente di interessante da fare, beh, preferisce restarsene a Bari, a lavorare. Sostiene pure che il Piddì, che l'ha candidato, fa ridere quando non fa pena e perciò... non ci pensa nemmeno a dimettersi da parlamentare, il Gaglione, eh no! Passa armi e bagagli al Gruppo misto, invece. Dove troverà ad attenderlo l'ottimo Riccardo Villari, I suppose. Ve lo ricordate, Villari, sì?

Bene. Oggi mia moglie E. mi dice che tutto ciò le sembra intollerabile, che è una vergogna che a 'sto tizio si permetta di spernacchiare così prima chi l'ha candidato e poi (e soprattutto) chi l'ha eletto.
Io, che sono un cinico bastardo, le rispondo più o meno che sputerei volentieri in faccia non tanto a Gaglione e a Villari, quanto a chi li ha candidati, 'sti due zozzi impuniti.
Secondo mia moglie ci vorrebbe un regolamento parlamentare che imponga le dimissioni dall'Assemblea stans pede in uno a gente che ha tradito il mandato degli elettori e il gruppo parlamentare in cui è stata eletta.
Io le rispondo che non si può mica fare, eh no! L'articolo 67 della Costituzione non lo consente! Lo conoscete l'articolo 67 della Costituzione, nevvero?
“Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.
Perciò c'è poco da almanaccare, mia cara: la Costituzione della Repubblica parla chiaro!
Poi, visto che sono un cinico bastardo, scoppio a ridere sguaiatamente.
La Nazione? Ah ah ah ah!!! Ma che cazzo vado dicendo? Ma non esiste più, la Nazione...

mercoledì 7 ottobre 2009

Al calduccio sotto le mie copertine (n.12)

The Damned, Damned Damned Damned, 1977

I got a new rose, I got her good
Guess I knew that I always would
I can't stop to mess around
I got a brand new rose in town.

lunedì 5 ottobre 2009

La delusione del fan


Che cosa può dirvi talkischeap di Bastardi senza gloria che non abbiate già letto da qualche altra parte?
Uhm... Uff... Ecco.
Bastardi senza gloria è senz'altro un bel giocattolone (un bel giocattolone di cui ci si stanca però molto in fretta) ma è più vuoto della capoccia di Giovanna Melandri.
Con una sola scena – quella del bar/scantinato – da antologia tarantiniana in mezzo a un bel po' di melina citazionista da cinefili terminali (e però è bello che qualcuno si ricordi, ogni tanto, di Robert Aldrich, anche se i più, ahiloro, indubbiamente non avranno colto...) e ai soliti dialoghi tra l'assurdo e il delirante (ma Quentin Tarantino ne ha scritti di ben più pirotecnici, in passato: questo mi pare innegabile).
Che altro?
Simpatico il grugno stolido di Brad Pitt e brava – e bellissima – Mélanie Laurent (ma già lo sapevo). And that's all, folks.
Una mezza delusione, insomma.

domenica 4 ottobre 2009

Sunset Boulevard (di Billy Wilder)


- You're Norma Desmond. You used to be in silent pictures. You used to be big.
- I am big. It's the pictures that got small.

venerdì 2 ottobre 2009

Italianiiii!!!

Qualche giorno fa, sul quotidiano la Repubblica, Carlo Galli ha scritto del populismo del Pdl.
Niente di particolarmente illuminante, in realtà. Un bignamino, il suo, se posso permettermi (si fa per dire: lo so benissimo, in realtà, che non posso proprio).
E insomma, il ragionamento di Galli muove dalla parola 'partito'. Il partito sarebbe, lo dice la parola stessa, “una parte, (...) un'entità che si riconosce limitata e inserita in un contesto più vasto”.
Questo contesto più vasto è la democrazia, e che altro se no?
Il partito esprime “interessi determinati, anche se estesi, punti di vista particolari, anche se generosamente universalistici; e si contrappone ad altre parti, ad altri partiti, ad altri interessi, in una dialettica regolata dalle leggi e dalle istituzioni democratiche”.
Invece Silvio Berlusconi del Pdl dice: “Noi siamo un popolo, non un partito”, ovvero noi siamo tutta l'Italia, non una sua parte. E quindi chi è contro di noi è contro l'Italia.
Berlusconi si appella al popolo, sostiene Galli, “contro partiti e istituzioni, viste come mediazioni che frenano e limitano l'immediatezza, la spontaneità e la vitalità dell'energia popolare”, ed evoca “la forza semplice e incorrotta della 'gente' contro i professionisti della politica, contro gli intellettuali, contro le élites”. Contro l'establishment, in una parola...
Niente di inedito, nevvero? Tutte cose che si sanno.
Oggi, sempre sulla solita Repubblica, ne ha scritto pure il Curzio Maltese. Titolo: Se criticare Berlusconi ci trasforma in «anti-italiani».
Ebbene, prestate un po' d'attenzione, adesso...

"(ANSA) - ROMA, 30 SETTEMBRE - 'Penso che Penati sia un irresponsabile che non vuole bene al proprio partito ma soprattutto non vuole bene all'Italia. Delegittimare adesso chi e' segretario fino al 25 ottobre mette noi italiani in difficoltà. Almeno quella parte dell'Italia che vuole fare opposizione seriamente'. Lo ha detto l'eurodeputata del Pd Debora Serracchiani, intervistata alla trasmissione 'Il fatto del giorno' su Rai2".
Ora, al di là del casus belli - il coordinatore della mozione Bersani, Penati, visti gli ottimi risultati ottenuti dal suo boss nelle primarie tra gli iscritti del famoso Partito democratico, ha pensato bene di intimare la resa prima del tempo, ovvero prima del 25 ottobre, al segretario in carica, Dario Franceschini: il 25 ottobre essendo, lo ricordo, la data fatidica delle primarie del pueblo che potrebbero sempre dar torto alla maggioranza degli iscritti al Piddì e tenere in sella Franceschini - e al di là delle evidenti difficoltà di Debora everybody's darling con i sillogismi, quale cultura politica rivelano, secondo voi, le parole della povera Serracchiani?
Come disse una volta quel mattacchione di Niels Bohr, “è molto difficile fare previsioni. Specie se riguardano il futuro”.
Epperò una previsione io la voglio ugualmente azzardare: questa notte, mes amis, sarà lunga. Mooolto lunga.