sabato 31 maggio 2008

Fondazioni


Tony Blair lancia (sul mercato, si) una fondazione. Si chiama Faith Foundation (Fondazione della Fede).
Giusto ieri, a New York, c'è stato il battesimo di questo nuovo pensatoio pensato apposta per noi moderni proprio per aiutarci a pensare la modernità.
L'ex premier britannico, da qualche mese convertito al cattolicesimo, sostiene che "la fede avrà nel ventunesimo secolo lo stesso peso che l'ideologia ha avuto nel ventesimo".

Veramente affascinante, come prospettiva.
Che culo che c'abbiamo!



P.S.
D'altra parte, non c'è niente da fare.
Leggete un po' qui sotto...

Parole celebri dalle mie parti (n.17)


"Di fronte all'alternativa di vegetare in mezzo all'anarchia e all'arbitrarietà delle decadenze o di inchinarsi alla fittizia compattezza di un'ideologia, le masse sceglieranno sempre probabilmente la seconda soluzione."

(Hannah Arendt)

giovedì 29 maggio 2008

Parole celebri dalle mie parti (n.16)


"Anche sul trono più elevato del mondo si é pur sempre seduti sul proprio sedere."

(Montaigne)

(Catholic?) Brothers from Outer Space

Mercoledì 14 maggio sull’Osservatore Romano è apparsa un'intervista al direttore della Specola Vaticana (che sarebbe l'osservatorio astronomico della Chiesa cattolica), padre José Gabriel Funes, intitolata L’extraterrestre è mio fratello.
Vi ripeto il nome, affinché non abbiate degli antipatici dubbi: si tratta di padre José Gabriel Funes, non di Louis De Funes.


L'illustre intervistato ha affermato che “la possibilità che esistano altri mondi e altre forme di vita non contrasta con la nostra fede perché non possiamo porre limiti alla libertà creatrice di Dio”. Secondo padre José Gabriel Funes, insomma, Dio, nella sua sconfinata, incredibile, ultra mega enorme potenza, avrebbe creato pure gli extraterrestri.
Si può perciò tranquillamente credere nell’esistenza di altri mondi e altre forma di vita: nessun problema, non si fa peccato. “Gli astronomi – sostiene il religioso - ritengono che l’universo sia formato da cento miliardi di galassie, ciascuna delle quali è composta da cento miliardi di stelle. Molte di queste, o quasi tutte, potrebbero avere dei pianeti. Come si può escludere che la vita si sia sviluppata anche altrove?”.
Eh, beh... In effetti non si può escludere. Ma che gli alieni siano nostri fratelli, mah... Io non lo credo proprio.
Lo ammetto: le mie convinzioni sono molto condizionate dalla visione (tanti, tanti, tanti anni fa) de L'invasione degli ultracorpi, del grande, grandissimo, Don Siegel. Mi cambiò la vita. Davvero.


Uno dei miei film di culto: un classico dei classici della fantascienza (e della paranoia...) che può essere interpretato come una raggelante metafora di...
Di che cosa, in effetti?
Che caspita volevano significare, i body snatchers di Siegel?
Visto l'anno di uscita dell'opera (il 1956, piena Guerra Fredda), qualcuno vi lesse un tentativo di rappresentare l'America come avrebbe potuto essere se fosse stata dominata dal comunismo e dai comunisti: una società dove l'individuo è totalmente annichilito, succube e vittima di un potere autoritario e oppressivo.
Altri, in quella storia di extraterrestri cattivissimi, in grado di duplicare quasi alla perfezione gli esseri umani creandone delle copie del tutto prive di emotività dopo aver tolto di mezzo gli originali, videro una parabola del maccartismo, quella mostruosità aliena all'anima liberale degli Stati Uniti d'America che aveva distrutto le vite a centinaia di persone.
Detto ciò, come ha scritto giustamente Gian Filippo Pizzo, “si tratta forse del film più impressionante e rigoroso mai realizzato sulla spersonalizzazione dell’uomo (a prescindere dalle reali cause di ciò) e certo uno dei più importanti film di SF di ogni tempo”.
Ma che diamine, padre Funes: gli extraterrestri bisogna temerli, creda a me.
In più, c'è la possibilità che siano tutti comunisti e proprio lei, un prete, me li chiama fratelli?

martedì 27 maggio 2008

Coccodrilli e incompetenza


Ieri se n'è andato Sydney Pollack.
Gli sia lieve la terra.
Ho molto amato alcuni suoi film, soprattutto Corvo Rosso non avrai il mio scalpo (Jeremiah Johnson, 1972) e I tre giorni del condor (Three Days of the Condor, 1975). Entrambi con un Robert Redford in stato di grazia, tra l'altro.
Di Jeremiah Johnson, prima o poi, parlerò in talkischeap, vedrete.
E adesso sentite un po' questa: il TG 1 delle ore 20,00 ha pensato bene di dedicare un servizio a Sydney Pollack e alla sua arte.
Non so chi sia stato l'autore del coccodrillo, non ha importanza. Fatto sta che, dopo aver ricordato Corvo Rosso..., il giornalista in questione ha attribuito a Pollack pure la regia di Piccolo Grande Uomo (Little Big Man, 1970).
Grande film pure questo, western 'revisionista' pure questo, certo. Solo che, ehm, c'è un piccolo appunto da fare, ecco: Little Big Man non è firmato da Sydney Pollack, ma da Arthur Penn.
Complimenti per la professionalità.

Le lacrime di San Luigi

Il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, cardinale Angelo Bagnasco, è preoccupato.
La tv digitale, nei prossimi anni, arriverà nelle case di tutti gli italiani: “Avremo presto molti canali in più, liberamente fruibili da ogni apparecchio”.
E' un problema, questo? Secondo il porporato, eccome se lo è: “Il rischio non remoto, dicono gli esperti, è che i nuovi spazi diventino appannaggio delle industrie pornografiche presenti sul piano internazionale”. Le autorità competenti, sostiene Bagnasco, dovrebbero vigilare. E all'occorrenza intervenire.

Beh, sapete, a me è venuto in mente il prete di Amarcord, quello che in confessionale chiedeva: “Ti tocchi? Lo sai che San Luigi piange, quando ti tocchi...”.
E mi son fatto una bella risata alla facciaccia della Conferenza Episcopale Italiana.
Non datemi del cialtrone, vi prego.
Limitatevi a pensarlo.

Capitani coraggiosi non percepiti

Ultimamente il signore qui sotto è stato molto facondo...

Ne ha dette tante, insomma.
Alcune mi garbano, altre no.
Quella di ieri l'altro mi è piaciuta assai, devo dire.
Perciò la riporto: “E' ora che gli immigrati abbiano diritti politici. Un 10/15% della forza lavoro in Italia non ha rappresentanza: la nostra è diventata una democrazia del censo?”.

Come sarebbe bello, dico io, se il Partito Democratico decidesse di combatterla veramente, la battaglia per dare i diritti politici agli immigrati.
Di combatterla con passione, intendo... A viso aperto. Semplicemente perché è giusto farlo. Senza star lì tanto a menarsela con dubbi e interrogativi del cazzo (del tipo: “Ma saremo capiti dal popolo? Eh? In questo modo non staremo forse dichiarando guerra al popolo?”).

Il signore di cui sopra ha detto poi che il Partito Democratico “deve avere una visione del futuro e alimentare le passioni e le speranze. Un riformismo senza valori è ingegneria sociale”.
Io sottoscrivo.
Battersi per i diritti degli immigrati, secondo me, aiuterebbe molto ad avercela, uno straccio di visione del futuro.
E alla fine, poi: ci chiamiamo Partito Democratico per qualcosa o no?
Intendo: noi, proprio noi, noi più di altri (nomen, omen, nevvero?), dovremmo prenderla sul serio, molto sul serio, la democrazia. Mi dicono dalla regia.

Ma non sono granché ottimista, sapete?
Il problema è che il PD ha un gruppo dirigente che prima chiede ai sondaggisti e ai massmediologi (esistono, sembrerebbe) poi, semmai, vediamo, ecco, forse, sai, la gente, in questo momento, una battaglia del genere, ecco, è pronta, la gente? Ma non saranno altre, le battaglie da combattere prima di questa? Non dovremmo forse, ecco, cosa dice Klaus Davi? Eh? Cosa dice la SWG? In questo momento - perché la politica, sai, è qui ed ora, alla fine. E' sempre e solo qui ed ora salvo lamentarsi poi, in qualche convegno, che ormai non esistono più i pensieri lunghi, signora mia. E nemmeno le mezze stagioni - in questo momento, ecco, la gente, sarà pronta? Ce lo chiediamo, insomma, qual è il percepito della gente? Perché uno che fa politica se lo deve chiedere sempre, qual è il percepito. Pena l'irrilevanza: e non devo aggiungere altro, spero...
Ecco, e allora chiediamoci: che cosa potranno mai percepire, gli italiani, di una battaglia del genere? Combattendola, insomma, saremmo in sintonia col loro percepito o no? Eh? Non rischiamo di perdere voti, chiedendo i diritti politici, nientemeno, per gli immigrati?

E' così che son fatti, si.
E mi dispiace, mi dispiace davvero: ma per combattere la battaglia di cui diceva quello, ecco...
Vista l'aria che tira, ed è una bruttissima aria, ci vorrebbero innanzitutto dei capitani coraggiosi.

Solo che, beh... Siamo momentaneamente sprovvisti, mi pare.

lunedì 26 maggio 2008

Parole celebri dalle mie parti (n.15)


"Non missura cutem, nisi plena cruoris hirudo"
("La sanguisuga non lascerà la pelle se non avendo fatto il pieno di sangue")

(Quinto Orazio Flacco)

domenica 25 maggio 2008

Sweet home Alabama

L'ultima vergogna ieri pomeriggio a Roma, borgata Pigneto.
Una squadraccia di venti merde a volto rigorosamente coperto ha preso d'assalto due negozi di alimentari e un phone center gestiti da immigrati bengalesi e indiani.
I titolari sono riusciti a scappare, evitando il pestaggio.
Non ce l'ha fatta, invece, a sfuggire ai picchiatori un emigrato nordafricano, che è stato aggredito e ne ha prese tante.
Credo sia proprio questo il famoso vento di destra che sta soffiando impetuosamente sul Belpaese.
Tra gente che si vanta davanti alle telecamere di aver 'contribuito' a ripulire il centro della città di Verona da negri e pidocchiosi con i capelli lunghi e i pogrom contro i campi nomadi a Ponticelli (NA), ogni giorno, ormai, ha la sua pena.
Una società sempre più impaurita, sempre più ansiosa, e quindi sempre più gretta, sempre più incanaglita, sempre più disperata.
Gretta, incanaglita e disperata anche (non solo, ma anche) perché ignorante, bestialmente ignorante (e orgogliosamente ignorante: a mia memoria, non c'è mai stato in circolo, nelle vene dell'Italia, tanto disprezzo, tanto ODIO, per quelli che leggono libri, per i 'filosofi', per gli 'intellettuali', per quelli, insomma, che perdono tempo con le parole. Perché adesso non di parole c'è bisogno, ma di FATTI).
Milioni di cervelli fritti da un'informazione demenziale. Vere e proprie 'agenzie della paura', così le ha chiamate qualcuno, che lavorano alacremente e senza posa (accendete la tivvù: accendetela adesso) per fornire munizioni sempre più esplosive agli imprenditori, sempre più numerosi e sempre più baldanzosi, dell'odio xenofobo e razzista. Quelle munizioni che saranno poi sparate ad alzo zero in campagne elettorali sempre più urlate, sempre più gaglioffe.
E sempre più violente.

Intanto, nel mio beneamato paesello, il locale capataz della Lega Nord, da poco eletto consigliere regionale, se ne è uscito così, un paio di giorni fa: “Entrando a far parte di tre commissioni regionali mi premurerò di ripresentare un progetto di legge per la rassicurazione civica dei comuni “.
Tra i provvedimenti prospettati figura “il finanziamento, con copertura delle relative spese, a tutti i gruppi qualificati e alle associazioni di privati cittadini che vogliono intervenire a supporto della sicurezza dei cittadini. Si tratta quindi di istituire sul territorio i cosiddetti volontari civici per la sicurezza: persone che, assistendo a dei fatti sospetti o a situazioni negative per la collettività durante i giri in città, le segnalano a chi di dovere”.
E continua, il nostro, parlando del pacchetto per la sicurezza del Ministro degli Interni Roberto Maroni: “Finalmente si sta facendo qualcosa che attiene al buon senso. Vi trovo una linea che ho sempre sostenuto: prima i doveri e poi i diritti. Sono convinto che già nei prossimi mesi ci saranno dei benefici per la collettività. Relativamente a M..., la città necessita innanzitutto di un'azione decisiva sul decoro: per questo i vigili devono essere mandati sulle strade, potenziando la loro dotazione di strumenti, come il distanziatore e lo spray anti-aggressione (...). I vigili vanno indirizzati verso compiti più utili: il controllo degli abusivi, dei documenti, dei clandestini e delle condizioni igienico sanitarie degli esercizi. Ve ne sono alcuni che non si sa quando chiudono o aprono e presso i quali vi sono continui assembramenti di persone e schiamazzi”.
Quali siano, poi, questi esercizi da monitorare attentamente, la Lega Nord ce l'aveva già fatto sapere da tempo, avendo chiesto al sindaco di M... (accusato di aver usato la mano pesante contro i titolari di bar e locali cittadini in fatto di emissioni rumorose, con un regolamento municipale che prevede in linea di massima lo stop della musica alle ore 23) se gli esercizi commerciali gestiti da persone del Bangladesh (ci sono un sacco di immigrati bengalesi, a M...) siano (invece) autorizzati a tenere aperto fino a notte fonda e, udite udite, se siano o meno sottoposti a periodici controlli igienico sanitari.

sabato 24 maggio 2008

Dell'abiezione. Jacques Rivette e Gillo Pontecorvo

Mi capita spesso di pensare che i critici (i critici cinematografici come i critici letterari) non esistono più: ormai esistono solo recensori.
Magari ottimi recensori, come no...
Fatto sta (è un dato di fatto, appunto), che i critici, beh, i critici ormai son più rari del Gronchi rosa.
Poco male, dite voi?
Può essere. Non discuto.
Certo però che certi critici erano davvero qualcosa di spettacolare.

Ad esempio, Jacques Rivette. Che sul numero 120 dei Cahiers du Cinéma, anno domini 1961, pubblicò una critica memorabile di Kapò, il film di Gillo Pontecorvo.
Ci ho pensato a lungo, devo dire.
Lo pubblico o non lo pubblico, questo prodigio dell'intelligenza (una riflessione, tanto profonda da far venire le vertigini, sul realismo nell'arte, sul punto di vista dell'autore - "male necessario" - e sull'atteggiamento che l'autore dovrebbe avere in rapporto a ciò che filma, ovvero sulle implicazioni che comporta il filmare la morte)?
Poi ho deciso: pubblico.
La domanda che Rivette si è posto, tanti anni fa, mi pare cruciale ancora oggi: se ci si abitua, poco a poco, all'orrore, questo non rischia di finire per far parte del paesaggio mentale dell'uomo moderno? E quindi: "chi potrà, la prossima volta, stupirsi o indignarsi di ciò che avrà smesso in effetti di essere scioccante?".

La traduzione dal francese è di Serena Daniele.




Il meno che si possa dire è che è difficile, allorché si decida di fare un film su un tale soggetto (i campi di concentramento), non porsi certe questioni preliminari: ma tutto accade come se, per incoerenza, stupidità o vigliaccheria, Pontecorvo abbia risolutamente evitato di porsele.
Per esempio, quella del realismo: per molte ragioni, facili da comprendere, il realismo assoluto, o ciò che ne fa le veci al cinema, è impossibile qui; ogni tentativo in questa direzione è necessariamente incompiuto (“dunque immorale”), ogni prova di ricostruzione o di truccatura, ridicola e grottesca, ogni approccio tradizionale dello “spettacolo” fa emergere voyeurismo e pornografia. Il regista si trattiene dal nauseare, perché ciò che osa presentare come la “realtà” sia fisicamente sopportabile dallo spettatore, il quale di conseguenza non può che concludere, forse inconsciamente, che, certo, era penoso, che selvaggi questi Tedeschi, ma tutto sommato non intollerabile, e che essendone avveduti, con un po' d'astuzia o di pazienza, doveva essere possibile trarsene fuori. Allo stesso tempo ciascuno si abitua subdolamente all'orrore, questo rientra poco a poco nelle abitudini, e farà presto parte del paesaggio mentale dell'uomo moderno; chi potrà, la prossima volta, stupirsi o indignarsi di ciò che avrà smesso in effetti di essere scioccante?

E' qui che si comprende che la forza di Notte e nebbia veniva meno dai documenti che dal montaggio, dalla scienza con la quale i fatti bruti, reali, ahimé!, erano offerti allo sguardo, in un movimento che è giustamente quello della coscienza lucida, e quasi impersonale, che non può accettare di comprendere e di ammettere il fenomeno. Altrove si sono potuti vedere documenti più atroci di quelli riportati da Resnais; ma a cosa non si abitua l'uomo? Ora non ci si abitua a Notte e nebbia; ciò che il cineasta giudica è ciò che mostra, ed è giudicato dal modo in cui lo mostra.
Altra cosa: si è citata molto, a sinistra e a destra, e più spesso abbastanza scioccamente, una frase di Moullet: la morale è questione di carrellate (o la versione di Godard: le carrellate è questione di morale); si è voluto vedervi l'apice del formalismo, per quanto se ne potrebbe piuttosto criticare l'eccesso “terrorista”, per riprendere la terminologia paulhaniana. Guardate, tuttavia in Kapò, l'inquadratura in cui Emmanuelle Riva si suicida, gettandosi sulla recinzione elettrificata; l'uomo che decida, a questo punto, di fare una carrellata in avanti per riprendere il cadavere dal basso verso l'alto, premurandosi d'inscrivere esattamente la mano alzata in un angolo dell'inquadratura finale, quest'uomo non ha diritto che al più profondo disprezzo.


Ci martellano da qualche mese con i falsi problemi della forma e del fondo, del realismo e del fiabesco, della sceneggiatura e della “messa in scena”, dell'attore libero o dominato e di altre scempiaggini; diciamo che è probabile che tutti i soggetti nascano liberi e uguali nel diritto; ciò che conta è il tono, o l'accento, la sfumatura, comunque la si voglia chiamare - vale a dire il punto di vista di una persona, l'autore, male necessario, e l'atteggiamento che questa persona assume in rapporto a ciò che filma, e quindi in rapporto al mondo e alle cose: quello che si può esprimere attraverso la scelta delle situazioni, la costruzione dell'intreccio, i dialoghi, la recitazione degli attori, o la pura e semplice tecnica “indifferentemente ma in egual misura”. Ci sono cose che non devono essere affrontate che nel timore e nel brivido; la morte è una di quelle, senza dubbio; e come, nel momento di filmare una cosa così misteriosa, non sentirsi un impostore? Andrebbe meglio in tutti i casi porsi la questione e includere questa domanda, in qualche modo, in ciò che si filma: ma è proprio del dubbio che Pontecorvo e i suoi simili sono più sprovvisti.
Fare un film è dunque mostrare determinate cose e, allo stesso tempo e attraverso la stessa operazione, mostrarle da una certa angolazione; questi due atti sono rigorosamente inscindibili. Così come non ci può essere assoluto nella regia, poiché non c'è regia nell'assoluto, allo stesso modo il cinema non sarà mai un “linguaggio”: i rapporti del segno al significato non hanno corso alcuno qui, e non portano che a eresie tanto tristi quanto la piccola Zazie.

Ogni approccio del fatto cinematografico che tenti di sostituire l'addizione alla sintesi, all'unità, ci rimanda subito a una retorica d'immagini che non ha a che vedere con la cinematografia più di quanto il design industriale abbia a che vedere con la pittura: perché questa retorica resta così cara a quelli che si definiscono da soli “critici di sinistra”? Forse perché sono prima di tutto degli irriducibili professori: ma se noi abbiamo sempre detestato, per esempio, Pudovkin, De Sica, Wyler, Lizzani e gli antichi combattenti dell'Idhec è perché il risultato logico di quel formalismo si chiama Pontecorvo. Checché ne dicano i giornalisti, la storia del cinema non si rivoluziona tutte le settimane. La meccanica di un Losey, la sperimentazione newyorkese non li commuovono più di quanto le ondate di scioperi non turbino la pace delle profondità. Perché? C'è che gli uni non si pongono che problemi formali, e che gli altri li risolvono all'origine nel non porsene alcuno. Ma che dicono piuttosto quelli che fanno veramente la storia e che pure chiamiamo “uomini d'arte”? Resnais ammetterà che se il tal film della settimana interessa in lui lo spettatore, è tuttavia davanti ad Antonioni che proverà la sensazione di non essere che un dilettante; così Truffaut parlerebbe senza dubbio di Renoir, Godard di Rossellini, Demy di Visconti; e come Cezanne, contro tutti i giornalisti e i cronisti, fu poco a poco imposto dai pittori, così i cineasti impongono alla storia Murnau e Mizoguchi...

venerdì 23 maggio 2008

L'esercizio di un diritto


Dal quotidiano Il Piccolo, edizione di giovedì 22 maggio 2008:
"Nel 2015 percepirà la 'pensione' da consigliere regionale: un vitalizio di 2045 euro lordi al mese, circa 1700 euro netti. Riccardo Illy, presidente uscente della Regione, è stato tra i primi 'ex' (...) a presentare domanda di contribuzione volontaria per poter godere, al compimento dei 60 anni, del vitalizio di cui possono beneficiare i consiglieri regionali. Il vitalizio, infatti, spetta a chi svolge almeno cinque anni di attività".
Dovete sapere che, con l'election day (ovvero la scelta dell'ex governatore Illy di far svolgere le elezioni regionali lo stesso giorno delle elezioni politiche), la nona legislatura del consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia si è conclusa anzitempo: per questo motivo, quei consiglieri che non avevano altre legislature alle spalle hanno perso il diritto, per soli due mesi, di accedere direttamente alla pensione.
Niente paura, però: versando circa 3800 euro tale beneficio può essere riscattato. Al momento l'hanno fatto in pochi (tra cui l'ex principe, appunto), ma c'è ancora un po' di tempo per presentare la domanda.
Tra quelli che non l'hanno ancora presentata, ma che hanno tutta l'intenzione di farlo, troviamo anche l'ormai leggendario avvocato Bruno Malattia (uno degli uomini più ricchi della nostra Regione, beato lui), presidente dei Cittadini, il gruppo politico emanazione di Riccardo Illy.
Dice il Malattia: "Non vedo dove sia lo scandalo, c'è solo l'esercizio di un diritto. Anch'io presenterò domanda. Quanto all'opportunità della richiesta è più probabile che siano arrabbiati i consiglieri regionali uscenti che i cittadini. L'election day, infatti, è stata una decisione di Illy e senza questa il vitalizio sarebbe arrivato naturalmente. Potremmo dire che è stato l'ultimo 'regalo' di Illy ai consiglieri".
Giustissimo.
Nessuno scandalo.
Solo l'esercizio di un diritto.
E poi, beh...
Poi c'è la classe, ovviamente.
Che non è acqua.

mercoledì 21 maggio 2008

Ultime notizie

Dunque, vediamo...
Notizie di oggi.
La prima.
Violentata a quattordici anni, sotto accusa dieci ragazzi. E' capitato in un paese della Lucchesia.
Poi.
Sequestrata, legata, picchiata e violentata da un uomo conosciuto in chat: la vittima è una studentessa diciottenne di Lecco. Lui si chiama Claudio Rossetto, 35 anni. L'ha attirata in trappola spacciandosi per un professionista della moda.
Infine.
Ragazza ventenne denuncia di essere stata violentata in una discoteca alla periferia di Bari da un suo conoscente minorenne e da altri due ragazzi che avrebbero abusato di lei a turno nel bagno degli uomini.


L'intero sistema dell'Informazione del nostro Paese, messo di fronte a queste bruttissime storie, appare sgomento e attonito: nessuno dei violentatori, infatti, è di nazionalità rumena.
Tutti italiani, ostia!
Quando si dice la sfiga.

(nella foto, il sistema dell'Informazione del nostro Paese. Tutto intero, naturalmente)

martedì 20 maggio 2008

Parole celebri dalle mie parti (n.14)


"Il vero senso della parola 'liberale' può intendersi solo in opposizione alla parola 'servile'."

(Ernesto Rossi)

lunedì 19 maggio 2008

Lady Clementine

Dopo la catastrofe, la Sinistra l'Arcobaleno si interroga: ma perché c'è stata la catastrofe?
E le analisi raffinate fioccano.
La più acuminata?

Questa, decisamente: la colpa della nostra catastrofe è di Walter Veltroni, che non ci ha voluto bene. E' una vergogna, signora mia, sapesse... Veltroni faceva solo finta di esser buono, invece era cattivo.
Fine dell'analisi.
Che immagino sarà costata tanta fatica.

Io, però, un pochino me la ricordo, la campagna elettorale della Sinistra l'Arcobaleno: e non mi pare proprio (almeno, non lo ricordo...) che ai dirigenti della Sinistra l'Arcobaleno dispiacesse di correre da soli alle elezioni politiche. Lo dicevano pure in giro: "Il PD si sposta su posizioni moderate, QUINDI noi avremo un'autostrada davanti".
Si è visto poi dove li ha portati, quell'autostrada.

Va detto, comunque, che nella Sinistra l'Arcobaleno c'è anche qualcuno che, per sua fortuna, è riuscito a fermarsi qualche millimetro al di quà dell'anatomia del disastro, ovvero giusto un pelino prima di gettare lo sguardo nel baratro. E questo qualcuno va capito, poveraccio: se uno soffre appena appena, di cuore o di vertigini cambia niente, meglio se ne stia lontano dagli orridi, dico io.

Sul quotidiano Liberazione Franco Berardi detto 'Bifo' (uno che non ho mai capito che cazzo di lavoro faccia. Ma è senz'altro un limite mio) ha firmato un pezzo dal titolo: La democrazia è un feticcio, liberiamocene.
Il succo: meglio, mooolto meglio, compagni, che la sinistra sia rimasta fuori dal Parlamento. Perché in fondo che cos'è la democrazia? Nulla. Una farsa. Dobbiamo dunque festeggiare, altro che frignare. A noi di sinistra non serve stare in Parlamento e "non ci servirà un ceto politico rappresentativo, ma strutture di autodifesa e attacco".
Interrogato sulle opinioni di Franco Berardi detto 'Bifo', Nichi Vendola, il famoso poeta, ha detto: "L'estremismo paradossale e schematico di Bifo è un modo per scardinare i luoghi comuni". Augh!

Pure il leggendario Valentino Parlato, su Il manifesto, quotidiano comunista, ha provato ad impostare un'analisi della rogna incardinata sulla critica della democrazia, "mai stata così falsa come ora". Eh, si: "c'è stata più democrazia negli anni cinquanta e sessanta che oggi, anzi ce n'era di più ai tempi di Giolitti".
E ci si è messo anche Marco Revelli: la democrazia in Italia è malata e "lo scollamento fra politica e paese reale va avanti da tempo, in tutto il mondo. Certo, l'Italia è particolarmente sgangherata, Paese di surreali giochi di specchi. Berlusconi che fa il mimo di Veltroni attraverso la caricatura che ne ha fatto un comico tv".
Ora, per carità: non me la sento certo (non mi posso permettere...) di liquidare le cose che dice Revelli con un'alzata di spalle o, peggio, con uno sfottò di quelli che mi vengono spontanei quando scrivo delle cime abissali della sinistra sedicente radicale. Revelli è una bella testa, nonostante le sue idee, e che la democrazia in Italia sia davvero molto malata, beh, nel mio piccolo (nel mio infimo) lo penso anch'io.
Ma Bifo... Bifo, suvvia. E pure Parlato...


Dai, lo capisce pure (ed è tutto dire) Gianni Rinaldini, l'imbarazzante leader della FIOM, che sarebbe forse il caso di smetterla, di dire cazzate: "La democrazia parlamentare è indebolita, così come lo stato-nazione, non c'è dubbio. Colpita e bypassata da grandi organismi finanziari, dalla Banca mondiale al Fondo monetario, privi di fatto di controllo". E fin qui è accademia, ma sentite poi: "Non è affatto irrilevante, per modificare le situazioni, una presenza negli organismi elettivi. Chi sostiene il contrario fa solo un'operazione consolatoria. E' come dire: siccome siamo stati sconfitti, allora teorizziamo l'assenza e il vuoto. Così non hai bisogno di interrogarti sulle ragioni della batosta".
Bravo, Rinaldini, bravo. Un grandissimo psicologo.
A me Franco Berardi detto 'Bifo' ha fatto venire in mente Lady Clementine, la moglie di Winston Churchill. Il perché è presto detto.


Subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, Winston Churchill dovette misurarsi alle elezioni politiche contro il leader laburista Clement Attlee, che tra l'altro era stato suo ministro, durante il conflitto, nel governo di unione nazionale.
Le elezioni ebbero luogo il 15 luglio 1945. Gli scrutini portarono via un bel po' di tempo perché si dovettero raccogliere, in giro per il mondo, anche le schede su cui votarono i soldati inglesi che non erano ancora ritornati a casa dalla guerra.
Nel frattempo Churchill ed Attlee furono insieme a Potsdam, per la conferenza di pace.
Harry Truman e Stalin erano strasicuri che Churchill avrebbe dimorato ancora a lungo al numero 10 di Downing Street.
E insomma, com'è, come non è, ad un certo punto il premier britannico volò a Londra, e così fece il suo avversario, per vedere com'era andata.
Ma non fu Churchill a ritornare a Potsdam da vincitore...
Il mitico Winston ricevette la notizia della sua sconfitta il 26 luglio, mentre se ne stava a mollo nella sua vasca da bagno. Fu il capitano Pim a portargliela: "Il primo ministro - raccontò in seguito Pim - diventò quasi grigio nell'acqua e pensai che sarebbe svenuto. Poi mi si rivolse: 'Hanno tutto il diritto di votare per chi gli pare. Questa è la democrazia. E' per questo che abbiamo combattuto'".
Pochi minuti più tardi fu lady Clementine che provò a consolare Churchill: "Forse, caro, potrebbe anche essere una benedizione travestita".
E lui, pronto: "Per il momento sembra molto ben travestita".


Eh, 'Bifo'...
Povero 'Bifo'!
Consolate 'Bifo', cari compagni.

I hope I die before I get old

Eh, beh...
Certo che se ne dicono di cazzate, quando si è giovani...

Oggi Pete Townshend compie sessantatré anni.
Auguri.

domenica 18 maggio 2008

Polpette di asparagi


L'altra sera mia moglie E. ha preparato per cena delle polpette di asparagi.
Mò vi racconto come ha fatto.
Innanzitutto, gli ingredienti.
Asparagi: 1000 grammi.
Un uovo (e basta. Qualcuno sostiene che ce ne vogliono ben quattro, di uova, per 'ste polpette. Mia moglie è contraria. In primis perché la funzione dell'uovo, in una ricetta, è quella di favorire l'amalgama degli ingredienti e all'uopo uno solo basta. In secundis perché poi le polpette vi diventano di una pesantezza marmorea e le digerite nel mese di ottembre).
Formaggio grattugiato, 40 grammi.
Pangrattato.
Farina.
Una tazza di mollica di pane (pure qualcosina in più, di una tazza).
Mezzo bicchiere di latte.
Abbondante olio d'oliva (ma potete usare pure l'olio di semi, eh... Noi usiamo in genere olio d'oliva istriano. Quello degli ulivi dei miei nonni. Sapeste...).
Sale.
Pepe.
La preparazione, adesso.
Mondate e lavate gli asparagi, poi lessateli in acqua salata bollente per un quarto d'ora circa. Sgocciolateli e tagliate le punte mettendole da parte. Frullate i gambi, passate il ricavato in una ciotola, incorporatevi la mollica ammorbidita nel latte e strizzata, un uovo intero (massimo, ma proprio massimo, raccomanda mia moglie, due) e un tuorlo, il formaggio grattugiato. Salate, pepate, mescolate, aggiungete le punte di asparagi e, se il composto fosse troppo morbido, del pangrattato o del formaggio grattugiato. Ricavatene tante belle palline, passatele nella farina, nell'uovo sbattuto e poi nel pangrattato fine. Ponete sul fuoco una padella con abbondante olio e friggetevi le polpettine.
Occhio: alla fine le polpette potete limitarvi a passarle nella farina e bona là. Impanate solo se vi va, insomma.
Sgocciolatele poi (per benino) sulla carta assorbente da cucina.
Vini di accompagnamento: un Trebbiano di Romagna DOC o un Greco di Tufo DOC (caldeggio il Greco di Tufo... Vino da urlo, on my opinion). Ma con l'asparago, bene anche un buon Sauvignon.
Secondo E. le polpette son più buone se consumate fredde. Secondo me (ed è bene che lo sappiate, a questo punto: son io il buongustaio panzone della compagnia), no: consumatene a decine appena uscite di padella.
E... Bon appetìt.

venerdì 16 maggio 2008

Giornalismo d'inchiesta

Quando facevo l'assessore incontravo sempre un sacco di gente molto arrabbiata con me. Per un motivo o per l'altro. Magari solo perché quel giorno invece di esser bello, ostia, pioveva.
Non mi facevo in là più di tanto, devo dire: il mugugno degli amministrati deve essere considerato fisiologico, da un amministratore.
Molti (ve lo giuro: molti davvero), quando volevano proprio spaventarmi di brutto, se ne uscivano così: ”Guardi che scrivo a Striscia la notizia!”.
Intendevano: adesso scrivo al Gabibbo perché il mondo intero deve conoscere i terribili soprusi di cui noi poveri cittadini siamo vittime; adesso scrivo al Gabibbo perché si sappia che la nostra disgraziatissima città è governata da mostri che solo in un film di John Carpenter (e avevano tutti presente They live, ovviamente...);adesso scrivo al Gabibbo perché mi sento esattamente come dovevano sentirsi Silvio Pellico allo Spielberg e Nelson Mandela a Robben Island e non ne posso proprio più.
Al che io immancabilmente pensavo: “E chi se ne frega, brutto buzzurro ignorante che non sei altro... Vai a cagare, vai!”.
Ma non potevo proprio dirgliela, una cosa del genere: perché io stavo lì a fare il punching ball, mica a tirare di boxe. E allora cercavo di sorridere amabilmente ai disgraziati: “Su, su... Vediamo come possiamo risolvere...”.
Dovevo temere il Gabibbo, capite? Il Bob Woodward de noantri.

Funzionava così (almeno fino a qualche mese fa...), in un angolino molto periferico di un povero Paese senza una vera opinione pubblica ma, in compenso, con svariati milioni di porci comodi sempre molto determinati a pretendere visibilità e soddisfazione: guardi che scrivo al Gabibbo, assessore.
Cominci a tremare.

Pantaloni


Da Finale di partita di Samuel Beckett (Einaudi, traduzione di Carlo Fruttero).



NAGG Ti ha sempre fatta ridere. (Pausa). La prima volta ho creduto che saresti morta.

NELL Era sul lago di Como. (Pausa). Un pomeriggio d'aprile. (Pausa). Riesci a crederci?

NAGG A che cosa?

NELL Che siamo andati in barca sul lago di Como. (Pausa). Un pomeriggio d'aprile.

NAGG Ci eravamo fidanzati il giorno prima.

NELL Fidanzati!

NAGG Hai talmente riso che la barca si è capovolta. Avremmo dovuto annegare.

NELL Era perché mi sentivo felice.

NAGG Ma no, ma no, è stato per via della mia storiella. Prova ne sia che ridi ancora. Ogni volta.

NELL Era profondo, profondo. E si vedeva il fondo. Così bianco. Così limpido.

NAGG Sentila ancora. (Voce di narratore). Un inglese... (fa una faccia da inglese, riprende la propria espressione) ... avendo bisogno d'urgenza di un paio di pantaloni a righe per le feste dell'anno nuovo, va dal suo sarto che gli prende le misure. (Voce del sarto) "Ecco fatto, ritorni tra quattro giorni, saranno pronti". Bene. Quattro giorni dopo. (Voce del sarto) "Sorry, torni tra otto giorni, ho sbagliato il fondo". Bene, d'accordo, il fondo non è una cosa semplice. Otto giorni dopo. (Voce del sarto) "Desolato, ritorni tra dieci giorni, ho sballato il cavallo". Bene, d'accordo, il cavallo è una cosa delicata. Dieci giorni dopo. (Voce del sarto) "Spiacente, torni tra quindici giorni, la bottoniera è venuta male". Bene, effettivamente una bella bottoniera ha la sua importanza. (Pausa. Voce normale) La racconto male. (Pausa. Avvilito) Racconto questa storiella sempre peggio. (Pausa. Voce di narratore) Insomma, per farla breve, un giorno dopo l'altro, arriva la Santa Pasqua e sbaglia le asole. (Faccia, poi voce del cliente) "Goddam, sir, ma dove andiamo a finire, è una cosa indecente, alla fin fine! In sei giorni, ha capito, in sei giorni Dio ha fatto il mondo. Proprio così, caro signore, il mondo! E lei non è stato capace di fare un paio di pantaloni in tre mesi!" (Voce del sarto, scandalizzato) "Ma Milord! Ma Milord! Guardi... (gesto di disprezzo, con disgusto) ... il mondo... (pausa) ... e guardi... (gesto amorevole, con orgoglio) ... i miei pantaloni!".


Questa l'ho sentita raccontare anche a Claudio Magris.
La presentò come una storiella yiddish.
E ci può stare, converrete.

giovedì 15 maggio 2008

Di piazze e complessità


“Unici al mondo, siamo, ad avere l'ordine dei giornalisti. Fondato nel 1925 da Mussolini per tenerli in braghe di tela, i giornalisti.”
(Beppe Grillo, Torino, 25 aprile 2008)
“Vaffanculo! Vaffanculo! Vaffanculo i giornalisti!”
(Il popolo in piazza. La gente arrabbiatissima. Quelli a cui, come dice un povero diavolo che conosco, il buon politico non dovrebbe mai dichiarare guerra)
“Se la gente pensa di mandare affanculo i giornalisti... Ha sbagliato obiettivo. Bisogna mandare affanculo il sistema che porta anche coloro che vorrebbero fare seriamente il giornalista a non riuscire più a farlo.”
(Marco Travaglio, sostenitore di Beppe Grillo, intervistato dai suoi colleghi giornalisti nella medesima piazza arrabbiatissima)


E me li vedo proprio, quelli sotto il palco, che decidono di seguire l'illuminato consiglio di Marco Travaglio e perciò si mettono tutti quanti, stans pede in uno, a urlare: “Affanculo il sistema che porta anche coloro che vorrebbero fare seriamente il giornalista a non riuscire più a farlo!”.
Poveracci, e come fanno? Se solo ci provano, a berciare uno slogan così articolato, si stroncano.
E' roba da polmone d'acciaio, diobono...
E allora che volemo fà, sor Travaglio giornalista? Stamo co' la ggente, cor popolo (e perciò, semplicemente, senza patemi dell'ostia, "vaffanculo! Vaffanculo! Vaffanculo i giornalisti!" e nessuno si fa male), o no? Eh?
Brutte bestie le piazze, nevvero?
Non si prestano manco per il cazzo al pensiero complesso.
D'altra parte, è nella loro natura.

E' la stampa, bellezza!


Perché, alla fin fine, i libri che uno scrive bisogna pur promuoverli...



P.S.
Voglio ringraziare di cuore, e pazienza se non lo saprà mai, quel grande cronista che è Giuseppe D'Avanzo. Come mai? Cliccate un po' sui link che trovate qui sotto...

Articolo di D'Avanzo, da la Repubblica del 13 maggio 2008.
Il signor Marco Travaglio gli risponde il giorno seguente, sempre su la Repubblica.
Replica D'Avanzo, stesso giorno, medesima pagina (Non sempre i fatti sono la realtà).
Il Travaglio furioso precisa che (e D'Avanzo mette punto). Roba di oggi.

mercoledì 14 maggio 2008

Volemose bene!


Ma certo, brutto nanerottolo megalomane e prepotente, demagogo inverecondo, ex piduista, imbroglione, bugiardissimo nonché socio in affari di noti mascalzoni: qua la mano!

martedì 13 maggio 2008

Parole celebri dalle mie parti (n.13)


"L'unione di terra e sangue può solo far venire il tetano."

(Karl Kraus)



P.S.
Dal momento che, di questi tempi, si fa un gran parlare di radici e identità, di blut und boden, è bene ricordare che.

lunedì 12 maggio 2008

Ex cathedra

Il presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, ha lasciato la guida del suo partito al ministro della Difesa Ignazio La Russa.
E l'ultimo suo discorso da leader di An è stata una vera e propria lectio magistralis.
Sentite un po' che carichi di briscola.
"La mia elezione a Montecitorio - ha detto Fini - è il segno della fine del Dopoguerra". Alla facciaccia di una sinistra "inguaribilmente afflitta dal suo complesso di superiorità nei confronti della società italiana (e qui credo proprio che parlasse di me, n.d.r.). Una sinistra che non ha ancora capito che il cambiamento non si fa con quel riformismo illuminato che cala dall'alto le sue ricette di laboratorio, ma si realizza solo con una rivoluzione conservatrice, ben agganciata alle radici, all'identità".
Ma per fortuna "l'illuminismo astratto ed elitario della sinistra (è di nuovo a me, che si riferiva, n.d.r.)" è stato punito, "il fossato superato, la frattura della destra con la società ricomposta, la condizione di minorità finita".
E qui è stato perentorio, il neopresidente della Camera: "Non siamo più figli di un dio minore!".

Che vi devo dire, camerati?
Io son d'accordo con l'onorevole Fini: voi non siete figli di un dio minore.
E siccome siete grandicelli, ormai, è tempo che sappiate di chi siete figli.

domenica 11 maggio 2008

Parole celebri dalle mie parti (n.12)



"I miei personaggi dicono che va bene essere incasinati. La gente non deve necessariamente essere perfetta. Non deve essere intelligentissima. Non deve seguire le regole. Può divertirsi. La maggior parte dei film di oggi fa sentire la gente inadeguata. Io no."

(John Belushi)



Ho amato così tanto i tuoi personaggi perché dicono che va bene essere incasinati. E dicono anche che la gente non deve necessariamente essere perfetta. Non deve essere intelligentissima. Non deve seguire le regole. Può divertirsi. Ho amato così tanto i tuoi personaggi perché non mi hanno mai fatto sentire inadeguato.

sabato 10 maggio 2008

Se telefonando io...

Fausto nostro è da un po' di tempo che non dice una parola.
Qualcuno lo dà in gramaglie, qualcun altro di nuovo in pista, in qualche modo ("Corre voce che l'ex presidente della Camera Fausto Bertinotti voglia rilanciare gli Editori Riuniti, entrando in una cordata interessata a rilevare la società.").
Intanto parla sua moglie. La signora Lella.
Anzi, per quanto mi riguarda, la nuova sora Lella.

"Una delle prime telefonate l'ho ricevuta da Donna Assunta Almirante che incontro spesso a teatro. Mi ha detto: 'Non ci posso credere che sia andata così. Non è possibile, non è possibile. Suo marito meritava davvero, un uomo di quella levatura..."'.

E se lo dice Donna Assunta Almirante...

venerdì 9 maggio 2008

Parole celebri dalle mie parti (n.11)


"L'Italia non è un Paese povero: è un povero Paese."

(Charles de Gaulle)

Niente mezze misure

Il Raggruppamento reduci e combattenti della Repubblica Sociale Italiana di Torino avrebbe voluto commemorare, a Cuneo (città medaglia d'oro per il suo apporto alla lotta di liberazione), ventotto tra militari ed ausiliarie fucilati dai partigiani il 3 maggio 1945.
Le immediate proteste dell'ANPI, del Sindaco di Cuneo, del locale Istituto storico della Resistenza hanno avuto effetto: gli ex della Repubblica Sociale hanno annunciato il ritiro della loro richiesta alla questura.
Ma dicono che il prossimo anno ci riproveranno.

Io ho sempre voluto bene a Giorgio Bocca. Non solo perché è un grande giornalista, ma anche perché ha fatto il partigiano nelle formazioni di Giustizia e Libertà (Gielle e il Partito d'Azione io li porto nel cuore, sapete com'è...).
E pure perché è uno ruvido. Franco. Antiretorico. Piemontese.
Sentite un po' come risponde a Massimo Novelli, su la Repubblica, in merito alle vicende di Cuneo.

I reduci della Rsi parlano di un gesto nello spirito della riconciliazione nazionale. Non crede che sia venuta l'ora di mettersi alle spalle definitivamente quel passato?
“Ma no, quelle sono facce di bronzo e la loro è una vera provocazione. Con queste cose non si scherza, non ci sono mezze misure”.

Sapeva delle fucilazioni dei ventitré militari fascisti e delle cinque ausiliarie?
“Veramente non lo sapevo. Mi trovavo a Cuneo, in quei giorni, ma non me ne accorsi. Ho sempre creduto che a Cuneo non ci fossero state uccisioni dopo la liberazione. D'altro canto, le liberazioni finiscono sempre con le fucilazioni”.


Me lo vedo, il signor Pansa dei miei coglioni, che si incazza leggendo Bocca. Me lo vedo, che frigna per il sangue dei vinti. Quei fiorellini dei vinti. I soldati del Nuovo Ordine Europeo. I fedelissimi servitori di Adolf Hitler. Quelli.
Conoscete Giampaolo Pansa, vero?
E' il tizio che negli ultimi anni ha cercato, mediante un approccio di tipo narrativo e (giocoforza...) accattivante alla materia, di dare nuova forma a quelli che sono stati degli immancabili livres de chevet per almeno un paio di generazioni di neofascisti italiani: sto parlando del florilegio di Lettere dei caduti della Repubblica sociale italiana a cura di don Angelo Scarpellini, il decano dei cappellani militari di Salò, e dei tre volumi del Martirologio italico con cui un altro prete soldato, fra' Ginepro da Pompejana, ricostruì, giorno per giorno, il repertorio funebre delle vittime dei partigiani a partire dal 1° gennaio 1944.
Pansa.
Che se Libero il 25 aprile ha potuto titolare, a tutta pagina, La festa dei banditi, beh, un po' è anche colpa di questo signore, no?

Le liberazioni finiscono sempre con le fucilazioni. Funziona così.
Qui di seguito, alcune pagine da De Gaulle. L'ultimo Grande di Francia di Charles Williams.

“Era deprimente il clima politico in Francia, alla fine dell'autunno 1944. Il Paese aveva bisogno di guarire dal trauma dell'occupazione, e il processo sarebbe stato lungo e difficile anche se de Gaulle avesse avuto la natura del guaritore. Non si trattava soltanto di scarsità di cibo e della prospettiva di un inverno difficile; ormai si sfogava appieno l'amarezza di chi aveva resistito, anche passivamente, contro coloro che avevano collaborato. Le rappresaglie erano iniziate immediatamente e continuavano senza posa. Si procedeva a esecuzioni sommarie dei traditori, soprattutto nei ranghi della polizia paramilitare filonazista. Le donne che avevano mostrato anche solo cordialità verso gli occupanti tedeschi venivano rasate in pubblico, imbrattate di catrame e fatte sfilare per strada. Si pagavano vecchi conti, si vendicavano vecchi insulti.
Negli ultimi giorni di occupazione, i tedeschi si erano comportati con spaventosa brutalità, istigati dai loro complici francesi. Secondo i dati di de Gaulle, erano stati mandati a morte sessantamila francesi di entrambi i sessi, e altri centocinquantamila languivano nei campi di prigionia in Germania o a seguito dei lavori forzati; quindicimila tra uomini e donne combattenti erano stati condannati come traditori dai tribunali di Vichy.
'Cancellare con un colpo di spugna tanti crimini e tanti abusi di potere' scrisse 'sarebbe equivalso a lasciare un mostruoso ascesso a infettare per sempre il Paese. Si doveva fare giustizia. E giustizia fu fatta'”.

Furono quarantamila, e forse addirittura di più, i francesi sommariamente uccisi da francesi subito dopo la liberazione. Scrive ancora Williams:
“Gradualmente, ma solo gradualmente, si mise sotto controllo l'ondata di spirito di vendetta che spazzò la Francia dopo la Liberazione. Presero a funzionare i tribunali di emergenza, istituiti da un decreto emanato ad Algeri nel 1943. Ma fu un processo lento e incerto. Era difficile trovare testimoni per la difesa. Il processo e l'esecuzione capitale di Pierre Pucheu ad Algeri sembravano aver legittimato ufficialmente la caccia generalizzata agli uomini di Vichy e ai collaborazionisti nella stessa Francia. E il capo del governo provvisorio rimase in silenzio”.
Così si comportò nel 1944 il grandissimo de Gaulle.
In Francia, ai giorni nostri, non usa celebrare le 'ragioni' dei ragazzi di Vichy. Il Presidente Sarkozy, se proprio deve parlare del sangue di qualcuno, parla del sangue versato dai resistenti.
Ai collaborazionisti, oltralpe, non viene riconosciuta nessuna ragione.
Noi invece abbiamo il signor Pansa, che denigrando la Resistenza ha fatto tanti, ma tanti, bei soldini. E abbiamo i fascisti che vogliono manifestare nella città di Duccio Galimberti.
I fascisti mai morti come il signor Marco Pirina, sedicente storico molto conosciuto dalle mie parti.
Sapete che ha fatto, questo signore che avrebbe dovuto commemorare a Cuneo i ventotto repubblichini fucilati ma poi non ha potuto? Ha presentato una denuncia ai carabinieri: “E' una querela contro tutti quelli che, a proposito della vicenda in questione, hanno fatto delle dichiarazioni lesive nei confronti delle ventotto vittime e, pertanto, chiedo che si proceda per apologia di crimini di guerra. Quei militari e quelle ausiliarie, infatti, vennero ammazzati a guerra finita, in violazione della convenzione internazionale di Ginevra sul trattamento dei prigionieri militari”.
Là!
Voi siete per la riconciliazione nazionale? Ovvero, volete voi riconciliarvi con questa gente?
Io no.